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Il maxi databreach da 16 miliardi? Solo fumo negli occhi

Negli ultimi giorni, diversi media hanno rilanciato titoli allarmanti riguardo un presunto "colossale data breach" contenente 16 miliardi di credenziali. A prima vista sembra un evento senza precedenti, ma scavando sotto la superficie ci si accorge che si tratta dell’ennesimo esempio di disinformazione amplificata, forse con lo scopo di creare panico e vendere soluzioni di sicurezza a suon di FUD (Fear, Uncertainty and Doubt). Il cosiddetto “Mother of all Breaches” (MOAB) altro non è che un aggregato di dati provenienti da centinaia di vecchie violazioni, alcune delle quali risalenti anche a più di un decennio fa. In pratica, nulla di nuovo sotto il sole. La maggior parte di queste credenziali erano già pubblicamente disponibili su forum, database e marketplace nel dark web. Nessuna evidenza concreta è emersa che indichi una nuova violazione di piattaforme attualmente attive. Quello che colpisce è il modo in cui molti articoli abbiano riportato la notizia senza verificarne la...

Kill switch. Cloud Act, dominio USA e Polo Strategico Nazionale. Il modello italiano può salvarci?

Negli ultimi mesi si è parlato molto della crescente dipendenza europea da infrastrutture digitali statunitensi. Un’inchiesta di Politico Europe ha messo nero su bianco ciò che nel settore sappiamo da tempo: in caso di tensione geopolitica, gli Stati Uniti potrebbero legalmente interrompere servizi cloud fondamentali per aziende, governi e cittadini europei. Non si tratta di complottismo, ma di legge: il famigerato Cloud Act del 2018 impone a qualunque azienda americana — ovunque essa operi — di fornire dati alle autorità USA, anche se quei dati si trovano su server europei, anche se appartengono a cittadini non statunitensi. Nessuna reciprocità, nessuna garanzia per la sovranità digitale. Questo significa che interi sistemi pubblici e privati europei, ospitati oggi su AWS, Microsoft Azure o Google Cloud, possono essere oggetto di accesso forzato o addirittura di “kill switch” remoto, se un procuratore federale ne ravvisasse la necessità. Bastano un ordine giudiziario o una pressione d...

Attenzione al phishing via Booking.com , un caso reale e subdolo

Di recente, mio fratello mi ha raccontato un'esperienza che merita la massima attenzione. Dopo aver prenotato un hotel tramite Booking.com , ha ricevuto una mail dall’aspetto legittimo con oggetto simile a: "Your reservation is at risk of cancellation" Nel corpo del messaggio, un tono urgente: Hi, There's a page ready for you to visit now. www. xxxxxxxxxx . xxx <- sito truffa Please review it in the next 6 hours. Otherwise, your progress may be affected. Quasi in contemporanea, è arrivato un altro messaggio via "chat di Booking" (mail) , apparentemente dallo stesso hotel prenotato. Stesso contenuto, stesso link. Il phishing camuffato da "verifica prenotazione" Il sito di destinazione era una pagina clonata alla perfezione: Al primo step chiedeva i dati personali. Al secondo step, come prevedibile, chiedeva i dati della carta di credito, con la solita formula "Per motivi di sicurezza, l'importo verrà solo temporaneamente trattenuto e po...

Una foto, trent’anni di storia. Gates incontra Torvalds

Non so se fosse già successo dietro le quinte, ma questa volta è stato pubblico: Bill Gates e Linus Torvalds seduti allo stesso tavolo, a cena, accanto a due figure centrali della storia tecnica di Microsoft, David Cutler e Mark Russinovich. Una foto che in altri tempi sarebbe stata impensabile. Per chi è cresciuto negli anni in cui le contrapposizioni tra software libero e software proprietario erano nette e spesso ideologiche, questa immagine colpisce. Non perché oggi ci sia davvero da stupirsi – il mondo è cambiato, i modelli si sono contaminati – ma perché rappresenta qualcosa che, simbolicamente, chiude un’epoca. Negli anni della giovinezza informatica, quando si scopre il terminale come si scopre un mondo, ho vissuto con convinzione le posizioni della Free Software Foundation, leggendo Stallman e partecipando, anche solo mentalmente, a quella visione etica della tecnologia. C’era qualcosa di potente, allora, in quell’idea di libertà assoluta, di codice aperto, di comunità. E in p...

Dopo le bombe, i byte. La guerra ibrida tra USA, Iran e Israele

Nella notte tra sabato e domenica, le bombe americane hanno colpito i siti nucleari iraniani con una precisione chirurgica che ha fatto rumore nel mondo fisico. Ma mentre le polveri si depositavano a Fordow e Isfahan, un altro fronte si apriva, invisibile agli occhi ma cruciale: il cyberspazio. E lì, non ci sono sirene né detriti, solo silenzi improvvisi nelle connessioni, pacchetti che non arrivano, servizi che collassano. Da quel momento, l’escalation digitale ha cominciato a prendere forma, accelerando quella che è, a tutti gli effetti, una guerra informatica attiva tra Iran, Israele e Stati Uniti. Nei minuti successivi ai bombardamenti, l’Iran ha cominciato a limitare drasticamente l’accesso alla rete. Una mossa difensiva, certo, ma anche preventiva. Staccare i cavi è una strategia antica quanto efficace: nessuna connessione, nessuna infiltrazione, nessuna fuga di dati. È stato documentato un blackout della connettività con punte del 97% in alcune regioni. La linea è semplice: se t...

Webmail e sicurezza, cosa ci insegna l’ultima ondata di attacchi XSS

Ho letto il report di ESET che documenta una nuova campagna di attacchi mirati alle piattaforme di webmail, basati su vulnerabilità Cross-Site Scripting (XSS). La portata è significativa: centinaia di sistemi compromessi, utenze aziendali colpite, e attori molto ben organizzati dietro le quinte. A colpire è la semplicità dell’attacco e la sua efficacia, soprattutto quando la superficie esposta è proprio l’interfaccia web della posta elettronica. Nel caso specifico, l’attacco sfrutta vulnerabilità XSS persistenti o riflessive per iniettare codice JavaScript direttamente all’interno della sessione utente. L’obiettivo è ottenere accesso alle email, sottrarre credenziali, intercettare sessioni attive o propagarsi all’interno di ambienti aziendali sfruttando la condivisione della piattaforma. Questa ennesima campagna riporta al centro una questione spesso trascurata: è più sicuro usare un client email installato rispetto a una webmail? Da un punto di vista tecnico, la risposta è sì, per una...

La forza della banda, dai modem a 640Kbps ai 73 Tbps. Ieri, oggi, DDoS

Ricordo quando, da ragazzino, navigavo con un modem 56k. Sentivo il suono della connessione come l’inizio di qualcosa di misterioso e affascinante, ma mai avrei immaginato che un giorno la “velocità” di connessione sarebbe diventata un’arma. Oggi leggo che Cloudflare ha mitigato un attacco DDoS da 73 terabit al secondo. Settanta-tre. Terabit. È una cifra che va oltre l’immaginabile per chi ha vissuto l’epoca dell’ADSL con l’upload a 256 Kbps. Eppure è realtà, ed è una realtà che racconta bene la trasformazione della rete: da ambiente artigianale e pionieristico, a teatro di guerra distribuita ad alta intensità. All’inizio, un DDoS era quasi una dimostrazione di bravata: c’erano tool rudimentali come Trinoo, Stacheldraht, Tribe Flood Network. Erano botnet che sfruttavano macchine compromesse, spesso server Linux lasciati aperti con Telnet attivo e password deboli. Bastava un minimo di coordinamento e qualche decina di zombie per far fuori il sito web della scuola o un piccolo server IRC...

Troppo pericolose insieme. Cina e Russia sono davvero alleate?

Secondo un’inchiesta pubblicata dal New York Times, confermata anche dal Financial Times e da fonti ucraine, hacker cinesi avrebbero violato i sistemi informatici russi rubando informazioni militari sensibili, comprese quelle sulla guerra in Ucraina. È un episodio clamoroso che mette in dubbio la tanto sbandierata "partnership senza limiti" tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Mentre a livello ufficiale Mosca e Pechino si mostrano unite contro l’Occidente e proclamano intese strategiche, nel cyberspazio sembrano valere altre logiche: quelle del sospetto reciproco e della supremazia informativa. I gruppi cinesi, probabilmente legati all’intelligence di Pechino, hanno preso di mira agenzie statali russe e contractor della difesa, sottraendo piani, analisi e forse perfino vulnerabilità operative. Questa non è una semplice contraddizione, è una crepa. E fa emergere una realtà molto più spietata: l’interesse nazionale viene prima di ogni alleanza ideologica, soprattutto quando si parl...

Quando tre anni non bastano, riflessioni su chi tradisce il segreto di Stato

Quando ho letto la notizia della condanna a 37 mesi di carcere per un ex analista della CIA, tratto in giudizio per aver trasmesso a un giornalista informazioni classificate riguardanti piani militari israeliani, la prima reazione è stata una stretta allo stomaco. Non solo per il contenuto della vicenda, ma per la pena: appena tre anni e un mese. Poco più di mille giorni per aver violato un dovere che dovrebbe essere sacro, soprattutto per chi lavora in ambito intelligence o in posizioni sensibili per la sicurezza nazionale. In un mondo dove i dati sono potere e il potere può significare vita o morte, mi sembra francamente troppo poco. L’uomo, secondo le fonti giudiziarie statunitensi, ha passato a un giornalista dettagli altamente classificati, legati a potenziali operazioni militari. Informazioni coperte dal livello “Top Secret”, quello che negli Stati Uniti indica dati la cui diffusione non autorizzata può provocare “grave danno alla sicurezza nazionale”. Il massimo livello. Eppure,...

Quando ti rubano il segnale, Israele dentro la tv iraniana IRIB

Oggi la tv di stato iraniana IRIB è stata interrotta da un attacco informatico. Le immagini regolari sono state sostituite da slogan antigovernativi, video di proteste e messaggi contro il regime. I media israeliani parlano apertamente di un’operazione condotta da Israele. L’Iran accusa “il nemico sionista” e ammette che la trasmissione del canale IRIB-1 è stata effettivamente compromessa. Non è la prima volta che succede qualcosa del genere. Era già accaduto nel 2022, sempre contro IRIB. Ma stavolta lo scenario è più sofisticato. Il punto debole, quasi sicuramente, è stato l’uplink: il momento in cui il segnale televisivo viene inviato al satellite. Compromettendo quel passaggio, è possibile sostituire il segnale e trasmettere contenuti alternativi. Serve accesso fisico o remoto a una stazione di trasmissione, oppure la capacità di simulare il segnale con un attacco SDR ben calibrato. In alternativa, se si ha già il controllo della sorgente del feed – per esempio da dentro l’infrastru...