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Visualizzazione dei post con l'etichetta DDoS

IPv6, come siamo passati dai camuffamenti (tunnel broker) su IRCNet alle sfide di sicurezza di oggi

All’inizio degli anni 2000, prima che l’IPv6 fosse una realtà comune, per connettersi alla nuova rete servivano i tunnel broker: nodi messi in piedi da appassionati o provider che permettevano di avere un indirizzo IPv6 incapsulato dentro IPv4. In Italia c’erano nomi che oggi sembrano quasi leggendari: NGnet, Zibibbo, e poi, su scala più internazionale, SixXS, che per anni ha fornito tunnel di altissima qualità fino a dichiarare “mission accomplished” e chiudere nel 2017. Erano anni in cui IPv6 era roba da smanettoni, e la comunità IRCNet italiana era uno dei posti dove questo “potere” trovava applicazioni creative. Personalmente lo usavo per camuffare il mio IPv4: mentre con un indirizzo 95.x.x.x il server IRC mostrava il reverse DNS dell’ISP, con IPv6 potevo scegliere il mio indirizzo nel blocco assegnato, evitando di esporre il mio IP reale e cambiandolo a piacere. In quel periodo circolavano anche strumenti curiosi, come ipv6fuck.c dell’autore “schizoid”, un codice C che serviva pe...

Arresti contro Noname057(16), ma la guerra cyber non si ferma (Operazione Eastwood)

L’operazione internazionale contro il gruppo filorusso Noname057(16), annunciata ieri, segna un passaggio importante nella storia recente della cyber-sicurezza europea. Si parla di cinque mandati d’arresto, centinaia di server smantellati, coordinamento tra Europol, Eurojust e diverse forze di polizia europee. Un evento che, per chi lavora in sicurezza informatica, non rappresenta solo una notizia da condividere, ma un’occasione per fermarsi a riflettere su come stiamo evolvendo come società digitale e come Paese. Il gruppo Noname057(16) non è nuovo alle cronache italiane. Attivo da almeno tre anni, ha costruito la sua reputazione attorno ad attacchi DDoS coordinati su larga scala, rivolti contro enti pubblici, aeroporti, porti, banche, media e infrastrutture critiche. La loro logica è semplice nella forma ma insidiosa nella sostanza: bloccare temporaneamente i servizi, provocare disagio, colpire l’immagine di efficienza e sicurezza di uno Stato. L'Italia è stata bersaglio privileg...

Il nuovo volto degli attacchi DDoS: brevi, brutali, ovunque

Non è la prima volta che mi trovo a parlare di attacchi DDoS mostruosi, ma i numeri della seconda metà del 2025 segnano un salto qualitativo drammatico: abbiamo sfondato il muro dei 7 terabit al secondo. Cloudflare ha annunciato di aver mitigato un attacco DDoS “iper‑volumetrico” che ha toccato il picco di 7,3 Tbps e 4,8 miliardi di pacchetti al secondo, concentrati in appena 45 secondi. È incredibile pensare che in meno di un minuto siano stati riversati 37,4 terabyte di traffico verso un singolo IP bersaglio — un volume pari a più di 9.300 film HD. E se questo attacco fa notizia, ciò che davvero mi inquieta è il contesto in cui avviene: nei primi sei mesi del 2025 Cloudflare ha già bloccato 27,8 milioni di attacchi DDoS, superando di gran lunga ogni statistica del 2024 . Cosa significa tutto ciò per chi come me lavora nel settore? Significa che la minaccia non si limita più a interruzioni occasionali: stiamo parlando di attacchi brevi ma potentissimi, sempre più frequenti e sofistica...

Cinque milioni di bot contro due sysadmin, la battaglia (dimenticata) della FSF

Sono diventato membro donatore della Free Software Foundation quando avevo quindici anni. In quelle pagine e in quei principi c’era qualcosa che andava oltre il codice: c’era la libertà, quella vera, quella di scegliere, quella di capire cosa c’era dentro il software che usavi, quella di modificarlo, condividerlo, metterlo al servizio degli altri. Una visione nobile, idealista, certo. Eppure reale, concreta, fatta di server, shell, mailing list, bug da inseguire, discussioni infinite sul concetto di libertà 0. Negli anni, ammetto di essermi allontanato. Ho iniziato a usare anche sistemi non liberi, per esigenze pratiche, lavorative, per quel compromesso che spesso chi lavora nell’IT finisce per fare. Ma la FSF è rimasta lì, in piedi, come un presidio di resistenza. E oggi, quando ho ricevuto questa loro comunicazione, mi sono fermato. Perché quello che stanno subendo è semplicemente folle, e merita attenzione. Due soli amministratori di sistema a tempo pieno, supportati da un piccolo m...

La forza della banda, dai modem a 640Kbps ai 73 Tbps. Ieri, oggi, DDoS

Ricordo quando, da ragazzino, navigavo con un modem 56k. Sentivo il suono della connessione come l’inizio di qualcosa di misterioso e affascinante, ma mai avrei immaginato che un giorno la “velocità” di connessione sarebbe diventata un’arma. Oggi leggo che Cloudflare ha mitigato un attacco DDoS da 73 terabit al secondo. Settanta-tre. Terabit. È una cifra che va oltre l’immaginabile per chi ha vissuto l’epoca dell’ADSL con l’upload a 256 Kbps. Eppure è realtà, ed è una realtà che racconta bene la trasformazione della rete: da ambiente artigianale e pionieristico, a teatro di guerra distribuita ad alta intensità. All’inizio, un DDoS era quasi una dimostrazione di bravata: c’erano tool rudimentali come Trinoo, Stacheldraht, Tribe Flood Network. Erano botnet che sfruttavano macchine compromesse, spesso server Linux lasciati aperti con Telnet attivo e password deboli. Bastava un minimo di coordinamento e qualche decina di zombie per far fuori il sito web della scuola o un piccolo server IRC...

Handala colpisce ancora

Negli ultimi giorni, il conflitto tra Israele e Iran ha oltrepassato il piano militare e politico, invadendo apertamente anche il cyberspazio. Dopo il bombardamento israeliano su obiettivi nucleari in Iran, il gruppo di hacktivisti pro-Palestinesi noto come Handala ha rivendicato una serie di attacchi informatici contro infrastrutture e organizzazioni israeliane. Li avevamo già visti in azione qualche mese fa, poi sembravano spariti. Adesso sono tornati, e lo hanno fatto con un messaggio chiaro: vendetta e visibilità. Quando si parla di cyberwar, è facile pensare subito agli stati e ai servizi segreti. Ma in realtà, dietro gran parte di questi attacchi ci sono gruppi ideologici, che si muovono fra attivismo politico, vandalismo digitale e operazioni semi-organizzate di disturbo. Handala, ad esempio, ha lanciato attacchi DDoS e sostenuto di aver trafugato dati sensibili, e anche se la portata effettiva non è sempre verificabile, la narrativa che si costruisce attorno a questi eventi pu...

Stacheldraht, quando dominare IRC significava avere più "shell"

I bei tempi andati (fine anni ’90 - primi 2000) C’erano una volta i tempi in cui bastava linkare una shell, magari con telnet aperto o tramite exploit banale su sistemi Unix-like, per sentirsi il re del canale IRC. E Stacheldraht era il coltellino svizzero dei lamer organizzati. Cos’era Stacheldraht? Un DDoS toolkit nato intorno al 1999. Scritto in C, girava su Linux e Solaris. Combinava funzioni di Trinoo, TFN (Tribe Flood Network) e TFN2K. Aveva una struttura client-master-agent, con comunicazioni criptate (semplici XOR). Gli attacchi includevano: UDP flood, TCP SYN flood, ICMP flood, e smurf. Come funzionava: Lo “zombie” era un sistema compromesso (la famosa shell).  Il “master” controllava gli zombie e prendeva ordini da un client. Il controllo poteva avvenire via IRC oppure connessioni dirette. Più shell avevi, più banda avevi a disposizione per far male. Dal Telnet alle IoT, le evoluzioni moderne. Oggi chi sono gli eredi di Stacheldraht? Mirai e le sue mille varianti Creato n...