Non so se fosse già successo dietro le quinte, ma questa volta è stato pubblico: Bill Gates e Linus Torvalds seduti allo stesso tavolo, a cena, accanto a due figure centrali della storia tecnica di Microsoft, David Cutler e Mark Russinovich. Una foto che in altri tempi sarebbe stata impensabile. Per chi è cresciuto negli anni in cui le contrapposizioni tra software libero e software proprietario erano nette e spesso ideologiche, questa immagine colpisce. Non perché oggi ci sia davvero da stupirsi – il mondo è cambiato, i modelli si sono contaminati – ma perché rappresenta qualcosa che, simbolicamente, chiude un’epoca.
Negli anni della giovinezza informatica, quando si scopre il terminale come si scopre un mondo, ho vissuto con convinzione le posizioni della Free Software Foundation, leggendo Stallman e partecipando, anche solo mentalmente, a quella visione etica della tecnologia. C’era qualcosa di potente, allora, in quell’idea di libertà assoluta, di codice aperto, di comunità. E in parte c’è ancora. Ma col tempo ho imparato a osservare le cose con meno rigidità, riconoscendo pregi e limiti in ogni modello. Oggi utilizzo sistemi diversi a seconda dei contesti e delle esigenze: Linux, macOS, Windows. Ogni ambiente ha le sue logiche, le sue forze, le sue debolezze. Non c’è una risposta unica, definitiva, giusta per principio. C’è piuttosto un ecosistema, fluido, in cui scegliere con criterio.
Forse anche per questo, vedere Gates e Torvalds seduti uno accanto all’altro non mi appare come una riconciliazione, ma come una naturale evoluzione. Non è il tempo delle guerre ideologiche. È il tempo della coesistenza, della tecnica, del merito, dell’uso consapevole degli strumenti. La storia che li divide – Microsoft come simbolo del closed-source aggressivo, Linux come simbolo dell’apertura radicale – oggi non ha più lo stesso peso. L’industria ha incorporato entrambi, li ha sovrapposti, spesso li ha fusi. L’importante, alla fine, resta che il software funzioni, sia sostenibile, sia mantenibile, sia sicuro.
Quella foto è un momento curioso, quasi paradossale, ma inevitabile. Le icone invecchiano, le idee si trasformano, i codici convivono. E noi, nel nostro piccolo, impariamo a usare tutto ciò che serve, senza farne una religione.
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