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Handala colpisce ancora

Negli ultimi giorni, il conflitto tra Israele e Iran ha oltrepassato il piano militare e politico, invadendo apertamente anche il cyberspazio. Dopo il bombardamento israeliano su obiettivi nucleari in Iran, il gruppo di hacktivisti pro-Palestinesi noto come Handala ha rivendicato una serie di attacchi informatici contro infrastrutture e organizzazioni israeliane. Li avevamo già visti in azione qualche mese fa, poi sembravano spariti. Adesso sono tornati, e lo hanno fatto con un messaggio chiaro: vendetta e visibilità.

Quando si parla di cyberwar, è facile pensare subito agli stati e ai servizi segreti. Ma in realtà, dietro gran parte di questi attacchi ci sono gruppi ideologici, che si muovono fra attivismo politico, vandalismo digitale e operazioni semi-organizzate di disturbo. Handala, ad esempio, ha lanciato attacchi DDoS e sostenuto di aver trafugato dati sensibili, e anche se la portata effettiva non è sempre verificabile, la narrativa che si costruisce attorno a questi eventi può essere potente tanto quanto il danno tecnico.

In parallelo, diversi gruppi hacker — alcuni noti da tempo, altri emersi più recentemente — stanno prendendo posizione, schierandosi in modo sempre più netto nei conflitti geopolitici. Ecco quelli più attivi in questo momento:

  • Handala: gruppo pro-Palestinese attivo soprattutto su Telegram, spesso associato a defacement e fuga di dati da siti israeliani.

  • Nethunt3r: altro nome legato all’ambiente pro-Palestina, noto per attacchi a portali della difesa israeliana.

  • Cyber Aveng3rs: gruppo allineato all’Iran, specializzato in attacchi contro infrastrutture critiche come reti elettriche, gas e acqua.

  • SiegedSec: figura ibrida con simpatie pro-Russia e pro-Palestina, coinvolta in intrusioni su infrastrutture israeliane.

  • Dark Storm Team: nome apparso di recente, coinvolto in DDoS e attività dimostrative anche contro obiettivi statunitensi.

  • KillNet e Anonymous Sudan: spesso associati al fronte pro-Russo, ma attivi anche in supporto alla causa palestinese con attacchi contro media e siti governativi israeliani.

  • Yemen Cyber Army: gruppo pro-Iran, noto per defacement e pubblicazione di documenti interni sauditi.

  • Israeli Elite Force: uno dei pochi gruppi di contro-attacco dichiaratamente pro-Israele, operante in chiave di risposta ai leak e agli attacchi ricevuti.

  • Internet Haganah: più discreto, ma noto nella comunità OSINT e cyber-intel per la raccolta di informazioni su jihadisti digitali e cellule attive nei cyber-conflitti.

Personalmente, quello che mi colpisce è la fluidità di queste formazioni. Non sempre sappiamo se dietro ci sia uno stato, una comunità hacker o un singolo motivato. Ma una cosa è certa: oggi, il conflitto si combatte anche sui DNS, sugli endpoint mal protetti, e nei dark web forum dove la propaganda si mischia alla strategia.

Questi eventi non sono solo notizie da leggere con attenzione, ma segnali forti che qualcosa sta cambiando nel modo di intendere la guerra, la sicurezza, e anche il concetto stesso di “attacco”. La linea tra attivismo e guerra digitale è ormai sottile. E la posta in gioco, a volte, è molto più alta di quanto si pensi.

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