Da qualche tempo monitoro attentamente i movimenti on‐chain associati al furto gigantesco che ha colpito Coinbase – l’evento da circa $300 milioni in criptovalute, causato da una sofisticata operazione di social engineering.
Recentemente ho osservato che l’attore dietro questo furto ha commesso un errore significativo nel trading, dimostrando che neanche chi opera illegalmente è immune dalla volatilità (e dai rischi) tipici dei mercati crypto.
Il 13 settembre 2025, il wallet etichettato come “Coinbase hacker” ha acquistato 3.976 ETH per un valore totale di circa $18,9 milioni, al prezzo medio di $4.756 per ETH.
Due giorni dopo, il 15 settembre, quel medesimo saldo di ETH è stato venduto a $4.522 per ETH, totalizzando $17,98 milioni. Il risultato è una perdita netta di circa $932.000 in meno di 48 ore.
L’identità del wallet è stata collegata al furto mediante analisti come ZachXBT e piattaforme come Arkham Intelligence e Lookonchain. Queste entità sfruttano dati pubblici, pattern di movimento dei fondi e aggregazioni blockchain per rintracciare attività sospette.
Il wallet non si limita a detenere valore: compra SOL, compra ETH, converte in stablecoin (DAI) etc., disperso tra varie reti e tramite exchange decentralizzati. Sembrerebbe un tentativo di liquidare, ma anche di copertura contro la volatilità.
L’hacker utilizza protocolli decentralizzati (DEX, stablecoin decentralizzate come DAI) che non permettono facili interventi regolatori (freeze degli indirizzi, blocco delle transazioni). Questo comportamento sfrutta una caratteristica strutturale delle blockchain: la resistenza alla censura.
L’errore grosso è stato vendere dopo una piccola discesa di prezzo, cedendo al “panic sell” o forse volendo uscire rapidamente. Questo mette in luce una debolezza: anche con fondi rubati, chi traffica in asset volatili deve saper “temporeggiare” – e non sempre accade. È interessante dal punto di vista difensivo: studiare i pattern di vendita può aiutare le forze dell’ordine o i servizi di intelligence blockchain a prevedere mosse simili.
Anche gli aggressori, che pensavamo avessero tutto da guadagnare, incorrono in lezioni costose: l’errore umano e la volatilità sono ancora fattori determinanti.
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