Negli ultimi giorni è esplosa l’inchiesta sui cosiddetti siti sessisti in Italia, un fenomeno che ha portato la Polizia Postale a trasmettere un’informativa alla Procura di Roma e a far scattare i primi fascicoli. Le piattaforme coinvolte – tra cui il forum Phica.eu e il gruppo Facebook “Mia Moglie” – sono accusate di ospitare e diffondere immagini non autorizzate di donne, accompagnate da insulti e commenti sessisti.
Le piattaforme coinvolte
- Phica.eu: forum nato come community di condivisione, ma presto degenerato in una raccolta di foto rubate e contenuti sessisti. Dopo l’ondata di denunce, i gestori hanno annunciato la chiusura, dichiarando di non essere riusciti a contenere i comportamenti tossici degli utenti.
- “Mia Moglie” (Facebook): gruppo chiuso che condivideva immagini di donne – spesso inconsapevoli – sottratte da profili social privati o raccolte da altre fonti. Anche questo è stato segnalato dalla Postale e segna un ulteriore fronte di indagine.
Le vittime coinvolte
Le immagini hanno riguardato figure pubbliche come Giorgia Meloni, Elly Schlein, Lia Quartapelle, Chiara Appendino, Mara Carfagna, Anna Maria Bernini e Marianna Madia, ma anche donne comuni, esposte senza consenso a una violenza digitale. Molte hanno scelto di sporgere denuncia, sottolineando come la battaglia non sia solo personale ma collettiva.
Le ipotesi di reato formulate dagli inquirenti includono:
- Diffusione non consensuale di immagini sessualmente esplicite (art. 612-ter c.p., cosiddetto revenge porn);
- Diffamazione aggravata e odio online;
- Istigazione a delinquere e vilipendio delle istituzioni, vista la natura di alcuni contenuti;
- Trattamento illecito di dati personali (GDPR e Codice Privacy).
Gli utenti che hanno pubblicato o commentato contenuti sessisti potrebbero essere identificati tramite indirizzi IP, log di accesso e metadati recuperabili dai provider e dai gestori dei server.
Dal punto di vista cyber, il caso apre scenari interessanti:
- Infrastruttura server: Phica si appoggiava a server stranieri, potenzialmente localizzati in Paesi UE ed extra-UE. Questo pone il tema della cooperazione internazionale (Europol, Europol Internet Referral Unit, MLAT).
- Anonimato relativo: molti utenti credevano di essere “coperti” dall’anonimato, ma il tracciamento degli indirizzi IP, le eventuali VPN di bassa qualità e i log conservati dai provider rendono possibile l’identificazione.
- Tecniche di raccolta immagini: si parla di scraping automatico da social network, con bot e crawler non autorizzati. Questo aspetto configura anche violazioni delle policy delle piattaforme.
- Gestione dei contenuti: i gestori dei forum hanno dichiarato di non riuscire a moderare i contenuti, ma in realtà non esisteva alcun sistema di content moderation strutturato (filtri automatici, AI di riconoscimento immagini, report escalation).
- Rischio di migrazione su Dark Web: la chiusura delle piattaforme pubbliche può spingere gli utenti più radicali a ricreare forum in ambienti più difficili da monitorare (Tor, Telegram, chan boards).
Reazioni e conseguenze
- Class action: l’avvocata Bernardini de Pace ha avviato una causa collettiva, mirata anche a ottenere risarcimenti da piattaforme come Facebook per i danni alle vittime.
- Pressione politica: premier e opposizione hanno condannato la vicenda, chiedendo pene severe e misure preventive.
- Prospettiva regolatoria: si apre il dibattito su un maggiore coinvolgimento di provider e social media nella prevenzione della diffusione di contenuti abusivi.
Lezioni di cybersecurity
- La tracciabilità online esiste sempre: anche dietro nickname e VPN, le attività lasciano tracce.
- Scraping e furto di immagini sono tecniche facilmente rilevabili se monitorate con sistemi anti-bot e rate-limiting.
- Content moderation proattiva con AI (es. hashing e riconoscimento immagini già note) può ridurre la diffusione di contenuti abusivi.
- Awareness per le vittime: insegnare pratiche di protezione della privacy (es. impostazioni social, gestione dei metadata EXIF delle foto) diventa essenziale.
- Cooperazione internazionale: i server distribuiti all’estero richiedono procedure legali rapide e strumenti come i fast track tra le polizie postali UE.
L’indagine sui siti sessisti rappresenta un caso da manuale di cyberviolenza e al tempo stesso un banco di prova per le autorità italiane e internazionali. Dimostra come la combinazione di indagine forense digitale, cooperazione legale e misure preventive di cybersecurity sia indispensabile per contrastare nuove forme di abuso online.
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