La notizia che quattro giovani italiani sono saliti sul podio delle Olimpiadi Internazionali di Cybersecurity (International Cybersecurity Challenge) mi ha riempito d’orgoglio. Gareggiavano con la selezione europea, rappresentando l’Italia all’interno del team EU, e insieme hanno ottenuto il secondo posto mondiale dietro alla squadra asiatica. Un risultato tutt’altro che scontato, in un contesto sempre più competitivo e globale.
Il fatto che tra i protagonisti ci fossero anche studenti italiani – preparati, motivati, selezionati tra decine di candidati – è la prova che nel nostro Paese il talento non manca. Ma il talento, da solo, non basta. Servono contesti in cui possa emergere, strumenti per affinarlo, mentori capaci di guidarlo, e soprattutto occasioni vere per mettersi alla prova.
Le CTF (Capture The Flag) sono questo: sfide tecniche, ma anche esperienze formative complete. Sono uno dei modi migliori per sviluppare competenze reali in ambiti come il reverse engineering, l’exploit development, il web hacking, la forensics. Ma soprattutto, le CTF ti insegnano a ragionare in modo critico, ad affrontare problemi ambigui, a lavorare sotto pressione e in team.
Nel panorama italiano, si parla ancora troppo poco di tutto questo. Eppure, se vogliamo davvero prepararci a un futuro digitale più sicuro, dovremmo iniziare da qui: dal riconoscere che la sicurezza informatica non si impara solo sui banchi, ma anche “sul campo”. E in questo senso le competizioni, che siano accademiche o open, locali o internazionali, sono fondamentali.
L’European Cybersecurity Challenge 2025 si terrà dal 6 al 10 ottobre a Varsavia, in Polonia. La selezione per formare la squadra italiana è già partita, e mi auguro davvero che il nostro Paese riesca a presentare un team competitivo, coeso, pronto a giocarsela fino in fondo. Sarebbe bello rivedere la bandiera italiana sventolare sul podio — non come eccezione, ma come segno di una crescita strutturata, duratura.
Del resto, non sarebbe la prima volta. Chi segue le CTF da anni ricorderà i mHACKeroni, il team italiano che per diverse stagioni ha ottenuto risultati straordinari nelle competizioni mondiali. Le loro vittorie non sono state il frutto di finanziamenti faraonici, ma della passione, del sacrificio e del gioco di squadra. Un’eredità importante, che dovrebbe farci riflettere su quanto potremmo fare — e su quanto, a volte, ci limitiamo da soli.
Allenarsi oggi è alla portata di molti. Esistono ottime piattaforme, come Hack The Box, Root Me, TryHackMe, PortSwigger Academy, ma più del tool in sé conta la mentalità. L’impegno costante, la voglia di migliorarsi, la capacità di chiedere aiuto e di condividere le proprie scoperte. È lì che si vede chi ha davvero voglia di crescere.
Personalmente, credo che l’Italia abbia le carte in regola per diventare un punto di riferimento europeo nella formazione di esperti di sicurezza informatica. Ma serve più attenzione, più coordinamento, e anche più fiducia nei giovani. Perché non si tratta solo di vincere un trofeo: si tratta di costruire una generazione pronta a difendere il nostro futuro digitale.
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