PlayStation, un trofeo da record, una falla nel supporto e un allarme per la sicurezza degli account
L'episodio che ha colpito il noto giocatore e cacciatore di trofei conosciuto come dav1d_123, privato dell'accesso al proprio account PlayStation Network il 7 ottobre 2025, riporta sotto i riflettori una criticità che la comunità videoludica denuncia da anni: non sempre è il ‘hacking tecnico’ a compromettere gli account, ma procedure di assistenza clienti insufficienti o aggirabili. Fonti giornalistiche e post della community concordano sul fatto che il profilo in questione — che vanta oltre 1.600 trofei platino — sia stato preso di fatto da un individuo che ha poi cambiato il nome dell’account in “Zzyuj”, e che abbia ammesso di aver ottenuto l’accesso sfruttando tecniche di ingegneria sociale rivolte al supporto di PlayStation.
La dinamica resa pubblica attraverso messaggi e screenshot condivisi dalla community mostra come il presunto aggressore abbia descritto una procedura sorprendentemente semplice: contattare il supporto, fornire informazioni minimali e convincere un operatore a concedere il controllo dell’account. Se confermata, questa circostanza non riguarda soltanto singoli profili di alto valore simbolico per la community (come quelli dei “trophy hunter”), ma mette in luce un difetto metodologico nelle pratiche di verifica dell’identità adottate da operatori che gestiscono milioni di account. Le discussioni su X e i forum specializzati sottolineano inoltre che 2FA (autenticazione a due fattori) e altri controlli tecnici possono risultare inefficaci se le procedure umane a valle sono permissive.
La vicenda richiama peraltro precedenti recenti: nel 2024 emerse una fuga di informazioni e la diffusione di video che mostravano internamente il software usato dal supporto PlayStation (indicato da più fonti come “PACMAN”), con schermate capaci di esporre dati sensibili di utenti e transazioni. Questi eventi non sono isolate curiosità della stampa di gaming, ma segnali ripetuti che invitano a una valutazione seria delle pratiche di formazione del personale e del disegno dei flussi di assistenza, specialmente quando parte del servizio è esternalizzata o affidata a team con procedure locali divergenti. Le analisi tecniche e i resoconti della community suggeriscono che la combinazione tra accessi socialmente ingegnerizzati e strumenti di supporto poco protetti rappresenti l’anello più debole della catena di sicurezza.
Dal punto di vista della risposta aziendale, al momento non risultano comunicazioni ufficiali di Sony Interactive Entertainment che confermino i dettagli specifici del caso di dav1d_123. La presenza di resoconti affidabili su testate specializzate e su siti di settore, unita alla conferma visiva e ai post diretti dei membri della community, però, conferisce all’evento un livello di credibilità significativo: è quindi corretto considerarlo recente, verificato a livello di fonti giornalistiche e sociali, e meritevole di attenzione sia da parte degli utenti sia da parte dei responsabili della piattaforma. Per i lettori del nostro blog — professionisti e appassionati di cybersecurity — la lezione è duplice: la protezione tecnica (2FA, password forti, gestione chiavi) resta fondamentale, ma non basta; occorre anche spingere per standard operativi robusti e tracciabili nelle interazioni umane di supporto.
Commenti
Posta un commento