Passa ai contenuti principali

Il fuoco è cessato, ma il cyberattacco no?

Non servono razzi o droni per paralizzare un paese. Basta un router lasciato con la password di fabbrica. L’ultima indagine condotta dalla startup israeliana malanta.ai parla chiaro: 3.476 dispositivi compromessi, sparsi in 98 organizzazioni israeliane, molti dei quali attivi da oltre 5 anni senza alcun aggiornamento.

Non stiamo parlando di target secondari. Tra i bersagli ci sono banche, centrali elettriche, università, enti pubblici, fornitori di telecomunicazioni, tutti collegati a internet con apparati critici come router, firewall, NAS e gateway industriali. In almeno 600 casi, i dispositivi erano accessibili pubblicamente con software obsoleto o credenziali predefinite: in pratica, porte spalancate.

La superficialità nella gestione di questi sistemi fa impressione. Un numero rilevante di apparati era ancora in funzione con firmware vulnerabili, senza patch e con configurazioni di default. Un attaccante non ha bisogno di uno zero-day per entrare: basta un motore di scansione e un po’ di OSINT.

Gli aggressori non sono stati nominati, ma è fin troppo facile intuire la regia. Il riferimento implicito è all’Iran e alla sua galassia cyber, già attiva da anni contro Israele con campagne di sabotaggio e spionaggio. La differenza è che qui non si tratta di un attacco singolo: è una mappatura sistematica delle falle, in corso da mesi, forse da anni.

Eppure, la cosa che mi spaventa di più non è l’attacco in sé, ma quanto fosse prevedibile. La superficie d’attacco non è aumentata perché gli hacker sono diventati più intelligenti, ma perché noi siamo rimasti pigri. “Non toccarlo, funziona”, “lo aggiorniamo la prossima settimana”, “ci serve un’altra approvazione prima di fare il patch”. Così si finisce sulle liste dei bersagli.

Il fatto che una startup privata, con strumenti legittimi, sia riuscita a scoprire tutto questo prima degli attaccanti (o forse dopo?) dovrebbe farci tremare. Oggi Israele, domani il paese vicino. O il tuo.

Commenti

Popolari

Cisco ASA sotto attacco, due zero-day sfruttati per prendere il controllo dei firewall e impiantare malware persistente

Negli ultimi giorni è uscita una notizia che vale la pena leggere con attenzione: sono stati sfruttati in attacco dei “zero-day” contro i firewall Cisco della famiglia Adaptive Security Appliance (ASA) e prodotti correlati, e diversi avvisi ufficiali invitano a intervenire subito. La storia è stata riportata da più testate tecniche e da Cisco stessa, che ha pubblicato patch e dettagli sulle falle coinvolte. Cosa è successo, in parole semplici? Alcuni bug nel servizio web/VPN dei dispositivi ASA permettono a un attaccante — inviando richieste appositamente costruite — di superare i controlli e far girare codice sul dispositivo. In pratica, chi sfrutta questi bug può eseguire comandi come se fosse l’amministratore del firewall. Cisco ha identificato più CVE coinvolte e ha confermato che almeno due di queste (quelle catalogate come sfruttate “in the wild”) sono state usate dagli aggressori prima che le correzioni fossero pubblicate. La cosa che preoccupa di più non è solo il controllo tem...

Microsoft revoca l’accesso del suo cloud all’intelligence israeliana

Microsoft ha annunciato di aver cessato e disabilitato una serie di servizi cloud e di intelligenza artificiale per un’unità del Ministero della Difesa israeliano (IMOD), dopo aver accertato che tali tecnologie erano state impiegate per sostenere un sistema di sorveglianza di massa sui civili palestinesi.  L’azione dell’azienda è stata attivata in risposta a un’inchiesta giornalistica coordinata dal Guardian, +972 Magazine e Local Call, che ha rivelato come l’Unità 8200 dell’intelligence israeliana avesse archiviato e analizzato milioni di telefonate intercettate tramite la piattaforma Azure, con il fine di monitorare gli spostamenti e guidare operazioni militari nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.  Nel comunicato interno rivolto ai dipendenti, il vicepresidente Brad Smith ha dichiarato che Microsoft non fornisce tecnologie che facilitino la sorveglianza di massa dei civili e che, dopo un’analisi interna, sono emersi elementi che violavano i termini di servizio dell’azie...

Oyster e il malvertising, fake installer di Microsoft Teams diffonde una backdoor

Negli ultimi giorni è emersa una nuova ondata di malvertising e SEO poisoning che punta a intercettare chi cerca il client Microsoft Teams sui motori di ricerca, reindirizzando gli utenti verso annunci o pagine di download fasulle che offrono un installatore contraffatto invece dell’app ufficiale. Secondo le prime segnalazioni, il file distribuito in queste pagine malevole è un installer camuffato che installa la backdoor nota come Oyster (anche indicata in passato come Broomstick/CleanUpLoader), dando agli aggressori un punto d’accesso remoto sui sistemi compromessi. A confermare la dinamica sono multiple realtà che monitorano la minaccia: Blackpoint SOC ha descritto la campagna come basata su SEO poisoning e annunci malvertising che spingono download ingannevoli, mentre analisti di settore e vendor hanno trovato varianti del loader ospitate su domini compromessi o su pagine generate appositamente per mimare download legittimi. Il malware viene spesso confezionato in installer Windows...