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L’Europa arma la cyberdifesa, ma funzionerà davvero?

Il 6 giugno 2025, i ministri Ue della telecomunicazione hanno approvato un nuovo "Blueprint" per affrontare crisi informatiche su scala europea. L’obiettivo è ambizioso: creare una risposta strutturata e multilivello agli attacchi informatici, con una vera catena di comando tra enti civili, militari, tecnici e politici. Il sistema si attiva quando un attacco supera le capacità di uno Stato membro o coinvolge più paesi contemporaneamente. Si articola in tre livelli principali: tecnico (monitoraggio e allerta precoce), operativo (coordinamento tra centri nazionali e CERT), e politico (gestione strategica e comunicazioni ufficiali). A supervisionare ci sono organismi come ENISA, il network EU-CyCLONe e il Political and Security Committee (PSC). Sul piano militare, la risposta è integrata nella cornice della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (CSDP), con il contributo di agenzie come la European Defence Agency (EDA) e la cooperazione rafforzata PESCO. Esistono già contatti diretti tra l’UE e la NATO per condividere informazioni e risorse. Tutto questo è stato pensato per garantire una reazione coordinata, veloce e interoperabile in caso di incidenti gravi come ransomware di massa, attacchi ibridi, o campagne di disinformazione ad alto impatto.

Funziona così: se un CERT nazionale rileva un attacco anomalo, può rivolgersi all’ENISA e al gruppo EU-CyCLONe per coordinare la risposta. Se la situazione peggiora, si attiva il Blueprint e si scala il coordinamento a livello europeo. Entrano in campo anche CERT militari e il Politico-Military Group, che decide se coinvolgere la NATO o attivare strumenti della difesa comune europea. Sono previste esercitazioni su larga scala a partire dal 2026, che coinvolgeranno sia enti pubblici che privati.

Tutto questo suona promettente, almeno sulla carta. Ma personalmente resto perplesso su un punto: il coordinamento. Mettere insieme apparati civili e militari di 27 paesi, ognuno con logiche e velocità diverse, non è semplice. La distinzione tra giurisdizioni e l’eventuale conflitto tra approcci politici, tecnici e strategici potrebbe creare ritardi o ambiguità nei momenti più critici. E anche se i canali con la NATO esistono, la cooperazione reale richiederà fiducia, condivisione e tempismo — cose non sempre scontate in ambito geopolitico. Staremo a vedere se questa macchina sarà davvero pronta a muoversi in modo coordinato quando sarà il momento.

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