Il conflitto iniziato il 13 giugno 2025 tra Israele e Iran segna l’inizio di una guerra ibrida senza precedenti, dove agli attacchi fisici si affianca un fronte invisibile ma altrettanto strategico: quello digitale. Israele ha lanciato l’operazione “Rising Lion” colpendo obiettivi chiave del programma nucleare iraniano attraverso raid aerei, cyber sabotaggi e droni kamikaze. Dall’altra parte, l’Iran ha risposto con centinaia di missili e droni in volo su Israele, nel tentativo di infliggere danni materiali e destabilizzare il nemico anche dal punto di vista psicologico.
Sul fronte cyber, l’Iran ha intensificato le attività di spionaggio e disinformazione, prendendo di mira giornalisti, istituzioni e civili israeliani. Campagne di spear-phishing sempre più sofisticate sono state attribuite a gruppi iraniani legati ai servizi di intelligence. In uno dei casi più eclatanti, un noto giornalista israeliano è stato ingannato da un’e-mail mascherata da comunicazione ufficiale firmata Jason Greenblatt. Israele, però, non è rimasto a guardare: grazie al lavoro dell’Unità 8200, del Mossad e dello Shin Bet, il paese ha bloccato numerosi attacchi e continua a operare con un’evidente superiorità tecnica e tattica.
Secondo diversi analisti, Israele possiede alcune delle cyberarmi più sofisticate al mondo. Le sue capacità offensive, combinate con l’intelligence umana e satellitare, permettono operazioni chirurgiche ad alta precisione, come dimostrato dai precedenti sabotaggi ai siti nucleari iraniani. L’Iran, pur avendo rafforzato le sue capacità nel tempo, resta un gradino sotto, affidandosi per lo più a operazioni asimmetriche e campagne destabilizzanti.
Fondamentale anche il ruolo dei droni, utilizzati sia per attacchi sia per operazioni di intelligence. Israele avrebbe attivato una “drone base” segreta in territorio iraniano, impiegando micro droni esplosivi per neutralizzare le difese nemiche prima dei raid aerei. L’Iran, al contrario, punta sulla quantità, lanciando decine di UAV in simultanea. Tuttavia, i suoi attacchi sono stati in gran parte intercettati dalla difesa aerea israeliana.
Oltre agli attacchi veri e propri, entrambi i paesi conducono una guerra della coscienza, puntando a influenzare l’opinione pubblica interna ed esterna. Cyberattacchi ai pannelli pubblicitari, fake news e operazioni psicologiche mirano a minare la fiducia della popolazione e alimentare tensioni interne. Anche in questo campo, Israele ha dimostrato una maggiore resilienza, grazie a un sistema di difesa informatica ben integrato con i servizi segreti e l’alleanza con partner internazionali.
Nel complesso, il conflitto tra Israele e Iran dimostra come la guerra moderna si giochi sempre più su più livelli: fisico, digitale, psicologico. In questa fase, Israele appare in netto vantaggio in termini di tecnologia, coordinamento e capacità di colpire in profondità sia con le armi tradizionali sia con quelle informatiche.
Come appassionato di sicurezza informatica e osservatore degli scenari geopolitici, credo fermamente che la cyberwar sarà sempre più decisiva nei conflitti del futuro. In questo scontro, non posso nascondere la mia posizione: tifo per Israele, per la sua capacità di difendersi con intelligenza, precisione e trasparenza. La sua superiorità tecnologica non è solo un vantaggio militare, ma una lezione su come prepararsi alle guerre del XXI secolo
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