Passa ai contenuti principali

Iron Dome non è stato hackerato

Negli ultimi giorni, alcune testate iraniane e fonti vicine a canali non ufficiali hanno diffuso la notizia che l’Iran sarebbe riuscito a “hackerare” il sistema di difesa israeliano Iron Dome durante gli attacchi missilistici di ieri. Secondo queste affermazioni, i sistemi difensivi sarebbero stati manipolati o confusi, al punto da intercettare in modo errato i missili in arrivo, o addirittura colpire obiettivi non previsti.

Questa narrazione è tanto spettacolare quanto, a mio parere, priva di fondamento tecnico. Credo sia doveroso chiarire una cosa: non esistono ad oggi prove concrete che attestino un hacking del sistema Iron Dome. Nessun dato pubblico, nessun dettaglio tecnico, nessuna analisi credibile che dimostri un'intrusione cibernetica diretta nei meccanismi di targeting, comando o comunicazione del sistema.

Quello che invece è ben documentato è l’uso da parte dell’Iran di una tattica di saturazione: centinaia di missili e droni lanciati in simultanea, con l’obiettivo di sopraffare le difese israeliane per quantità, non per compromissione informatica. Questo tipo di attacco è noto e previsto da ogni strategia militare: si basa sul principio semplice di esaurire le risorse di risposta (missili intercettori, tempo di reazione, tracciamento radar). Che alcune testate nemiche riescano a passare non è prova di un hack, ma di una sovrapposizione tattica.

C’è anche un altro aspetto da considerare. Alcuni attacchi cibernetici nei giorni scorsi hanno effettivamente generato falsi allarmi nei sistemi civili israeliani. Si tratta però di operazioni di tipo psicologico, rivolte all’opinione pubblica, non al sistema difensivo militare. Confondere la popolazione non equivale a penetrare un sistema d’arma.

Trovo preoccupante che il termine “hacker” venga usato così superficialmente ogni volta che qualcosa funziona meno del previsto. È un problema linguistico, ma anche culturale: alimenta propaganda da un lato e disinformazione dall’altro. In questo caso, la narrazione iraniana serve più a costruire un'immagine di superiorità tecnologica che a raccontare cosa sia realmente accaduto.

A mio avviso, un hack militare, vero, lascia tracce tecniche. Qui non ci sono. E finché non emergono prove concrete, questa storia dell’Iron Dome "bucato" rimane solo un esempio di guerra dell'informazione. Non di guerra cibernetica.

Commenti

Popolari

Attenzione al phishing via Booking.com , un caso reale e subdolo

Di recente, mio fratello mi ha raccontato un'esperienza che merita la massima attenzione. Dopo aver prenotato un hotel tramite Booking.com , ha ricevuto una mail dall’aspetto legittimo con oggetto simile a: "Your reservation is at risk of cancellation" Nel corpo del messaggio, un tono urgente: Hi, There's a page ready for you to visit now. www. xxxxxxxxxx . xxx <- sito truffa Please review it in the next 6 hours. Otherwise, your progress may be affected. Quasi in contemporanea, è arrivato un altro messaggio via "chat di Booking" (mail) , apparentemente dallo stesso hotel prenotato. Stesso contenuto, stesso link. Il phishing camuffato da "verifica prenotazione" Il sito di destinazione era una pagina clonata alla perfezione: Al primo step chiedeva i dati personali. Al secondo step, come prevedibile, chiedeva i dati della carta di credito, con la solita formula "Per motivi di sicurezza, l'importo verrà solo temporaneamente trattenuto e po...

Dopo le bombe, i byte. La guerra ibrida tra USA, Iran e Israele

Nella notte tra sabato e domenica, le bombe americane hanno colpito i siti nucleari iraniani con una precisione chirurgica che ha fatto rumore nel mondo fisico. Ma mentre le polveri si depositavano a Fordow e Isfahan, un altro fronte si apriva, invisibile agli occhi ma cruciale: il cyberspazio. E lì, non ci sono sirene né detriti, solo silenzi improvvisi nelle connessioni, pacchetti che non arrivano, servizi che collassano. Da quel momento, l’escalation digitale ha cominciato a prendere forma, accelerando quella che è, a tutti gli effetti, una guerra informatica attiva tra Iran, Israele e Stati Uniti. Nei minuti successivi ai bombardamenti, l’Iran ha cominciato a limitare drasticamente l’accesso alla rete. Una mossa difensiva, certo, ma anche preventiva. Staccare i cavi è una strategia antica quanto efficace: nessuna connessione, nessuna infiltrazione, nessuna fuga di dati. È stato documentato un blackout della connettività con punte del 97% in alcune regioni. La linea è semplice: se t...

Troppo pericolose insieme. Cina e Russia sono davvero alleate?

Secondo un’inchiesta pubblicata dal New York Times, confermata anche dal Financial Times e da fonti ucraine, hacker cinesi avrebbero violato i sistemi informatici russi rubando informazioni militari sensibili, comprese quelle sulla guerra in Ucraina. È un episodio clamoroso che mette in dubbio la tanto sbandierata "partnership senza limiti" tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Mentre a livello ufficiale Mosca e Pechino si mostrano unite contro l’Occidente e proclamano intese strategiche, nel cyberspazio sembrano valere altre logiche: quelle del sospetto reciproco e della supremazia informativa. I gruppi cinesi, probabilmente legati all’intelligence di Pechino, hanno preso di mira agenzie statali russe e contractor della difesa, sottraendo piani, analisi e forse perfino vulnerabilità operative. Questa non è una semplice contraddizione, è una crepa. E fa emergere una realtà molto più spietata: l’interesse nazionale viene prima di ogni alleanza ideologica, soprattutto quando si parl...