Credo che lo Stato israeliano sfrutti Predatory Sparrow per paralizzare l’Iran da dentro (Dati distrutti, pompe ferme, stipendi bloccati, etc.)
Negli ultimi giorni il collettivo hackers autodenominatosi Predatory Sparrow (in persiano Gonjeshke Darande) ha rivendicato di aver paralizzato la Bank Sepah, la più grande banca statale dell’Iran, collegata ai Guardiani della Rivoluzione (IRGC) e gravemente sanzionata dagli USA per il suo ruolo nel finanziare programmi bellici. Secondo diverse fonti, il sito della banca è offline, gli sportelli ATM non funzionano e le transazioni sono bloccate. Disruption che si estende anche alle stazioni di servizio, dove molte pompe non riescono a processare pagamenti perché connesse a Bank Sepah.
A rendere il tutto ancora più significativo, poche ore fa Nobitex, il principale exchange di criptovalute in Iran, ha confermato di essere stato vittima di un grave attacco informatico: oltre 48 milioni di dollari in asset digitali sono stati sottratti, principalmente Tether (USDT) sulla rete Tron. L’exchange rappresentava una delle poche vie alternative al sistema bancario ufficiale iraniano, spesso usato anche da chi cercava di aggirare sanzioni o inviare fondi dall’estero.
Predatory Sparrow dichiara di aver distrutto i dati della banca e questo stop prolungato potrebbe mettere a rischio la fiducia nel sistema bancario iraniano, causare ritardi nelle retribuzioni di militari e funzionari, dato che gli stipendi statali spesso passano da lì. Il collettivo è già noto per attacchi di tipo cyber‑kinetico: nel 2021 paralizzò il 70 % delle stazioni di rifornimento, nel 2022 colpì un grande impianto siderurgico iraniano, e nel 2023 di nuovo le pompe di benzina. Molte di queste operazioni richiedono competenze simili a quelle degli attacchi mirati come Stuxnet (per citare un esempio storico), dando peso all’ipotesi che dietro al collettivo ci sia il know‑how di uno Stato-nazione.
Sebbene Israele non abbia mai ammesso ufficialmente, media israeliani e analisti internazionali descrivono Predatory Sparrow come strettamente connesso a Unit 8200 o ad altre strutture di intelligence militare israeliane. In perfetta linea con quel principio di “ambiguity” strategica che Tel Aviv mantiene nei cyber‑conflitti.
Sul piano tecnico, gli attacchi sembrano aver coinvolto compromissioni dei sistemi centrali della banca, con possibili wipe o cifrature dei data store, compromettendo la business continuity e portando a una perdita di dati sistemica. La conseguente interruzione delle operazioni bancarie ha causato l’inattivazione degli sportelli ATM, dei terminali POS e dei servizi web banking, paralizzando una parte sostanziale della vita economica iraniana. Senza accesso ai conti, le stazioni di servizio non riescono a gestire le transazioni elettroniche, gli stipendi tardano ad arrivare e la macchina statale, comprese le forze armate, rallenta la sua operatività.
A questo impatto materiale si aggiunge quello psicologico. L’interruzione di servizi bancari e infrastrutture vitali ha un effetto destabilizzante sulla popolazione, generando panico, sfiducia e senso di vulnerabilità. La guerra non si combatte più solo con le armi, ma anche con i dati e la loro assenza. La banca diventa un obiettivo militare, anche se non lo ammetterà mai nessuno ufficialmente. Ora, con la banca paralizzata e l’exchange hackerato, l’Iran si ritrova improvvisamente in un contesto finanziario digitale in ginocchio. Chi non può prelevare in banca non può neppure rifugiarsi nella crypto. Una manovra quasi chirurgica.
Questo tipo di attacco conferma una mia convinzione: Israele non sta solo difendendo i propri cieli, ma sta usando una strategia ibrida che va a colpire dall’interno l’apparato iraniano. Attaccando infrastrutture chiave come banche, pompe di benzina, acciaierie, mettono l’Iran in una posizione logistica e civile più fragile, contando sul malcontento interno e sul rallentamento della capacità militare. Non è un semplice attacco hacker: è guerra economico‑digitale.
Non serviva un test su carta per capire che un sistema bancario medio-orientale facilmente manipolabile è un target colossale... e a quanto pare qualcuno ha sviluppato una tattica funzionale che completa l’offensiva aerea.
Commenti
Posta un commento