Passa ai contenuti principali

Owna le tue cuffie, exploit HFP via Bluetooth vulnerabile (attivare il microfono delle tue cuffie)

Negli ultimi giorni è stata svelata una serie di vulnerabilità nei chip Bluetooth della famiglia Airoha, integrati in decine di dispositivi audio wireless tra cui auricolari TWS, cuffie, speaker e microfoni venduti da marchi noti come Beyerdynamic, Bose, Sony, Marshall e altri. La scoperta è stata resa pubblica dal team di ricerca tedesco ERNW durante la conferenza TROOPERS, tenutasi il 29 giugno 2025. Queste falle permettono ad un aggressore nelle vicinanze di eseguire azioni come ascoltare l’audio in riproduzione, controllare funzioni del dispositivo via Bluetooth e addirittura attivare il microfono remoto tramite manipolazione del profilo HFP (Hands-Free Profile), che normalmente viene utilizzato per le chiamate vocali.

I ricercatori hanno individuato tre vulnerabilità principali, tutte localizzate nel firmware dei chip Airoha, già ampiamente diffusi nel mercato consumer. Si tratta di CVE‑2025‑20700, CVE‑2025‑20701 e CVE‑2025‑20702, tutte con un punteggio di rischio compreso tra 6.7 e 7.5 su 10. I problemi derivano dall’assenza di autenticazione nell’accesso ai servizi GATT e Bluetooth BR/EDR, oltre che da debolezze nel protocollo custom proprietario impiegato da Airoha. Di fatto, questo consente a un attaccante di impersonare un dispositivo legittimo e iniettare comandi o leggere dati in chiaro (come titoli di canzoni o identificatori di sessione).

Il vettore d’attacco più interessante riguarda il dirottamento del profilo HFP. Utilizzando hardware accessibile e strumenti noti per il penetration testing su Bluetooth, è possibile inviare comandi AT (Attention) simulando una sessione telefonica e, a quel punto, attivare il microfono o inoltrare chiamate a numeri arbitrari. In uno scenario realistico, ciò potrebbe permettere di ascoltare l’ambiente intorno allo smartphone della vittima sfruttando le cuffie accoppiate.

Di seguito un esempio illustrativo in Python, basato su scapy e bluetooth stack. Il codice simula l’invio di un comando AT via Bluetooth per avviare una chiamata. Non è un exploit reale ma serve a comprendere la logica:


from scapy.all import *
from scapy.layers.bluetooth import *

def spoof_hfp_call(target_bdaddr, attacker_bdaddr, phone_number):
    at_call = HCI_Command(HCI_CmdCode=0xFC0C)/  # HCI_VENDOR_CMD (esempio)
             Raw(load=f'ATD{phone_number};')
    sendp(at_call,
          iface="hci0",
          count=1,
          verbose=True)
    print(f"[+] Inviato comando chiamata a {phone_number}")

if __name__ == "__main__":
    spoof_hfp_call("AA:BB:CC:DD:EE:FF", "11:22:33:44:55:66", "+391234567890")



Questo tipo di attacco, nella sua forma completa, richiede l’utilizzo di strumenti come InternalBlue o hardware come Ubertooth o adattatori CSR modificati. È necessario anche effettuare il reverse engineering del firmware, o disporre di log UART provenienti da debugging di dispositivi vulnerabili. Una volta acquisita la chiave di pairing o sfruttata la debolezza nell’autenticazione, l’attaccante può stabilire una connessione senza essere notato, controllare la riproduzione audio, leggere metadati, inoltrare chiamate e — se il firmware lo consente — aggiornare il dispositivo con codice maligno (wormable firmware overwrite).

Per poter mettere in atto l’attacco, è necessaria la prossimità fisica: il Bluetooth Class 2 normalmente opera nel raggio di circa 10 metri, ma in condizioni ottimali con antenne modificate può arrivare anche a 100 metri. L’attacco non è quindi scalabile su larga scala, ma è perfettamente plausibile in contesti come hotel, treni, ambienti corporate, conferenze, ecc.

Attualmente, Airoha ha pubblicato un SDK aggiornato contenente le patch, ma la distribuzione è a carico dei produttori finali. In molti casi, i firmware attualmente in circolazione sono anteriori alla data di pubblicazione del fix (27 maggio 2025), il che lascia milioni di utenti esposti. Gli utenti possono mitigare i rischi disattivando il Bluetooth quando non è strettamente necessario, evitando accoppiamenti con dispositivi sospetti o sconosciuti, e aggiornando il firmware non appena disponibile attraverso i canali ufficiali del produttore.

Questa vulnerabilità dimostra, ancora una volta, come dispositivi ritenuti “innocui” come le cuffie possano diventare vettori di attacco contro la privacy personale e aziendale. Le debolezze nei protocolli low-level e nei firmware closed-source rappresentano un punto cieco nella catena della sicurezza. Seppur non ancora sfruttata in modo massivo, la falla Airoha merita attenzione, soprattutto da parte di chi lavora in ambiti dove la riservatezza è cruciale.

Commenti

Popolari

CTF, talento e gioco di squadra. Il Team Italy pronto alla sfida europea

A Torino è stata presentata la squadra nazionale italiana di cybersicurezza, il Team Italy 2025-2026, composta da dieci studenti selezionati tra licei, istituti tecnici e università chiamati a rappresentare l’Italia nelle prossime competizioni nazionali e internazionali. La squadra parteciperà, a ottobre, allo European Cybersecurity Challenge che si terrà a Varsavia: una vetrina importante dove i giovani talenti mettono alla prova tecniche di difesa e attacco in scenari simulati e controllati. Alla base della preparazione c’è un approccio pratico e collettivo: training e addestramento gratuiti organizzati dal Cybersecurity National Lab del CINI, che trasformano il gioco in formazione concreta per professionisti di domani. Questo percorso mostra come il mondo delle CTF (capture the flag) non sia solo svago ma una palestra fondamentale per allenare competenze applicabili alla protezione di infrastrutture strategiche come ospedali, scuole e aeroporti. Le CTF vanno celebrate: offrono scena...

Il fantasma di Stuxnet. Quanto siamo pronti a fermare un attacco simile nel 2025

Quindici anni dopo la scoperta di Stuxnet, il malware che nel 2010 dimostrò la possibilità concreta di sabotare un impianto industriale attraverso il codice, la domanda sul ripetersi di un’operazione simile è più attuale che mai. All’epoca, la combinazione di zero-day Windows, driver firmati con certificati contraffatti e la manipolazione dei PLC Siemens che controllavano le centrifughe iraniane segnarono una svolta epocale: per la prima volta un’arma informatica aveva prodotto un effetto fisico su larga scala, nascosta dietro feedback falsificati che trassero in inganno gli operatori. Non era un malware generico, né un ransomware, ma una vera e propria operazione militare digitale disegnata per un obiettivo specifico. Dal 2010 al 2025 lo scenario è cambiato radicalmente. Le infrastrutture industriali sono sempre più connesse con reti IT e servizi cloud, ampliando una superficie d’attacco che un tempo era confinata in ambienti isolati. Le tecniche offensive si sono evolute: non solo ma...

iPhone 17 Pro, la nuova frontiera della sicurezza Apple

Apple ha presentato con la serie iPhone 17 (incluse le versioni Pro) una delle sue evoluzioni più importanti in ambito sicurezza, puntando esplicitamente a contrastare spyware sofisticati e vulnerabilità di memoria – tipico punto di ingresso per attacchi mirati. Ecco cosa cambia davvero, cosa resta da fare e perché queste novità sono rilevanti per chi si occupa di sicurezza informatica. Quando si parla di sicurezza sui nuovi iPhone 17 Pro, le innovazioni più significative sono: - Memory Integrity Enforcement (MIE): nuova protezione hardware/software “always-on” che combina vari meccanismi per impedire exploit basati su bug di memoria. - Enhanced Memory Tagging Extension (EMTE): è il “cuore” della protezione, su cui si basa la gestione più sicura della memoria, con tagging, confidenzialità dei tag, e allocatori di memoria più robusti. - Applicazione difensiva su aree sensibili del sistema, incluso il kernel e più di settanta processi “userland” considerati ad alto rischio. - MIE avrà ef...